Il DEM è utilissimo come supporto alla gestione operativa e post-operativa di una discarica (ma anche alla coltivazione di una cava, al monitoraggio dei lavori in un cantiere, alla sorveglianza di una zona soggetta a frana, etc.).
Ma cos’è un DEM? E’ l’acronimo di “digital elevation model”, ovvero un modello digitale georeferenziato del sito; una copia virtuale 2,5D della superficie.
Si, proprio così, 2,5D.
E’ una immagine bidimensionale che porta informazioni anche sulla terza dimensione. I pixel che formano l’immagine planimetrica contengono anche l’informazione dell’altezza. Quindi pur non essendo un oggetto tridimensionale, non è neanche puramente bidimensionale. Una via di mezzo insomma.
L’informazione dell’altezza viene di solito tradotta graficamente in un colore, secondo una data scala colorimetrica, in modo da apprezzare visivamente l’andamento altimetrico.
Figlie del DEM sono le curve di livello, che uniscono i punti di pari altezza.
Anche le mappe delle pendenze sono figlie del DEM, contenendo esso sia le informazioni planimetriche georeferenziate che quelle altimetriche.
Ma la cosa più interessante è il confronto di più DEM dello stesso sito derivanti da dati rilevati in momenti diversi.
Da tale confronto è possibile monitorare le evoluzioni, valutare le subsidenze, i livelli di riempimento, l’andamento dei lavori, etc. e anche calcolare i volumi di abbancamento o di compattazione, di scavo o di riporto.
Fondamentale quindi ai fini del monitoraggio ambientale (D.Lgs. 36/03), ma anche per l’ottimizzazione degli abbancamenti, per la stima e la previsione di eventuali recuperi di volumetrie, per la gestione della viabilità, etc.
Di più: è possibile riportare graficamente l’entità delle variazioni, cioè creare una mappa che evidenzi dove c’è stato un innalzamento o un abbassamento del profilo e di quale entità. In tal modo, basta un’occhiata per capire cosa sta succedendo e dove (e come) bisogna intervenire.